Il corpo parla, incessantemente.
Ti manda segnali che spesso ignori, ma arrivano dei momenti in cui diventa difficile fare finta di niente. La sveglia al mattino sembra il rintocco di una campana a morto.
Quel rumore di sottofondo diventa assordante, ti impedisce di pensare lucidamente, e all’improvviso, come una folgorazione, sotto la doccia, o mentre giri il cucchiaino nella tazzina del caffè, realizzi.
Butti uno sguardo al calendario, e quella data ti trafigge.
Eppure continui a guardarti allo specchio cercando di scorgere lo sguardo di chi eri un tempo, la curva di quel seno, la linea di quei fianchi, di indagare se davvero non sia rimasto nulla della ragazza ingenua e piena di vita che sei stata un tempo.
I tuoi capelli, sotto la tinta che pervicacemente ritocchi ogni venti giorni, si fanno sempre più bianchi, e non vuoi rinunciare a quel bicchiere di vino anche se ormai sai che domani ti maledirà con la più feroce delle emicranie.
Pensi che sia inutile piangere sul latte versato, ma perseveri nel rimandare il momento della decisione, gettare via quei vecchi vestiti in cui ormai non entrerai più, archiviare i vecchi ricordi, smettere di pensare a come sarebbe stato se… se fosse andata diversamente.
Ti ritrovi tuo malgrado a spuntare l’immaginaria lista delle scelte sbagliate, dei bivi in cui hai imboccato inevitabilmente la strada che ti ha portato dove sei ora… dove saresti se avessi voltato a sinistra piuttosto che a destra?
Credi davvero che percorrendo quell’altra strada ora non staresti guardando indietro, proprio come stai facendo ora, a rimpiangere di non aver fatto un’altra scelta?
Il caffè sembra più amaro stamattina, e l’aria più fredda del mattino ti induce a non aprire quella finestra, lasci le imposte chiuse e impedisci al sole di entrare.
Il corpo parla, dice sempre la verità. Urla il suo bisogno di essere scaldato, abbracciato. Non lo ascolti: non puoi o non vuoi?
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