I Racconti di Samael – Alghero

“Ma sei sicuro che è aperta 24 ore su 24?”

 

“Me l’ha detto Google!”

 

“Ah beh! Allora siamo in una botte di ferro!”

 

Ignoro il tono sarcastico. Non ce la farai a farmi dubitare del mio piano. 

Lo programmo da quando ho visto quel documentario sul faro di Capo Caccia.

E poi sono in ferie, e questo dà un grosso sprint alla mia positività.

Ho anche scelto la strada panoramica che segue la costa.

La cosa che m’entusiasma di più è che a te ho dato meno dettagli possibili su cosa ti aspetta.

Sai quel poco che ti basta per averti convinto a mettere le scarpe comode.

Dato che sei tu che giochi in casa, ti ho fatto fare da Cicerone. Anche questa sera hai scelto tu il ristorante, ma adesso è arrivato il momento di giocare l’Asso.

È una serata perfetta. Tante stelle in cielo. Un piacevole vento che rinfresca la calura e poi,  guarda che luna! Sarebbe da fotografare! Ma poi perderebbe la sua bellezza… meglio viversela!

Lo so che stai maledicendo dentro la scelta della macchina che ho fatto all’autonoleggio, una cabrio non aiuta certo ad arrivare a destinazione pettinate. 

Ma quanto mi fa sentire in un film viaggiare su una strada che costeggia il mare, con il vento che ti schiaffeggia!

Sì, probabilmente un 10% di entusiasmo arriva anche dalla bottiglia di Cannonau che ci siamo finiti a cena… ed è stato quasi un reato declinare il Filu Ferru, ma in previsione di quella gita notturna era meglio rimandarlo a domani sera! 

Scelgo dall’ipod la canzone che, pensando a questo momento, ho scelto come introduzione.

 

“Voglio andare ad Alghero” di Giuni Russo.

 

Quando senti le prime note a tutto volume, ridendo dici “tu sei un folle!”

 

“MUSICA!!! È  COME MUUUSICAAA…” canto.

 

“Saresti tu lo straniero?!” urli ridendo, per farti largo sulla voce di Giuni.

 

“Aspetta… com’è che hai detto quando ci siamo conosciuti… ah si… sono l’oppressore” dico prendendoti in giro su quell’affermazione che hai fatto quando appena conosciuti ho provato a dirti che Piemontesi e Sardi sono parenti.

 

“Quanto vuoi farmelo pagare quell’aggettivo?” 

 

“Non lo so…”

 

“VOGLIO ANDARE AD ALGHEEEEROOOOOO!” ora sei tu che canti, fingendo d’ignorare quello che ho detto.

 

“Tecnicamente stiamo andando via da Alghero…” scherzo.

 

“La canzone l’hai scelta tu!”

 

Ok… uno a zero per te! Penso continuando a guidare.

 

“Avevi ragione!!!” esclami scendendo dalla macchina, vedendo il cancelletto aperto per scendere la scalinata.

“io ho sempre ragione!” lo dico scherzando, anche se confesso che lo penso la maggior parte delle volte che lo dico.

 

 

Dopo il primo centinaio di gradini a scendere, troviamo un tratto in piano.

È esattamente come avevo deciso dovesse essere.

Consapevole di non poter piegare gli elementi alla mia volontà, mi appoggio con i gomiti al parapetto di quella scalinata che girando intorno al monte rende possibile discendere quel dirupo a picco sul mare.

Il rumore delle onde che s’infrangono sulla roccia, molti metri sotto di noi, è una sorta di rilassante colonna sonora.

Il mare quasi non si vede, tanto è scuro e calmo. Lo si intravede nei riflessi che s’illuminano sulle sue increspature.

Le carezze che la Luna gli riserva ogni notte.

Il vento caldo porta con sé il profumo della salsedine.

Davanti, tutto il cielo stellato, e il mare che sembra infinito e che fa pensare che questo posto sia il solo angolo di terra emerso.

Forse perché sono nato a un passo dalle Alpi, forse perché i primi passi li ho mossi in una collina, forse perché mi piace osservare sempre la visione d’insieme delle cose, ma amo stare in alto, mi dà pace vedere le cose dall’alto. Essere in una via di mezzo fra la terra e le nuvole. Dà la sensazione di non appartenere a nulla, e al tempo stesso, poter essere ovunque.

 

“Arrivati!” sentenzio.

 

Ti avvicini, appoggiandoti anche tu al muretto.

Mi giro a guardarti e sei in assoluto la cosa più bella che possa guardare. 

Per un breve istante, fissando il tuo profilo in quel quadro, ti penso attraversare ogni epoca della tua terra, mi sembra di vedertici camminare, calma e solenne, come se fossi lo spirito di tutto ciò che rende magica quest’isola.

 

Mi sposto dietro di te, e infilo le mani sotto quella gonna ampia, raggiungo l’elastico delle tue mutandine e lento inizio ad abbassarle, approfittandone per accarezzare la pelle che ti si scopre.

 

“tu sei pazzo!” dici, ma rimani immobile, lasciandomi fare ciò che voglio.

 

“Pazzo mi piace…”

 

Continuo a far scendere le tue mutandine, seguendo la loro discesa e piegandomi.

Ora le vedo mostrarsi, uscendo dall’orlo della tua gonna.

Solo pensare che mi basterebbe infilare la testa sotto quel cotone per poter baciare il tuo sedere mi fa pulsare il cazzo ed il cervello all’unisono.

 

Ma la notte è ancora lunga, quindi, costante come la marea, le porto alle due caviglie e t’aiuto a sfilarle da quelle gambe che avrei solo voglia di baciare e leccare, risalendole piano.

 

Metto le mutandine nella tasca posteriore dei pantaloni e piano mi rialzo, ripercorrendo con la punta delle dita i tuoi polpacci, l’interno coscia fino ad arrivare a sfiorare appena il tuo sesso, quasi come se volessi solo intuirlo, desiderarlo da lontano.

 

Paradiso ancora nascosto che non posso vedere.

Passo piano la mano fra le tue natiche.

 

“Ora siamo pari…” sussurro al tuo orecchio “nemmeno io ho messo i boxer questa sera…” 

 

La mano riemerge dalla tua gonna.

 

Ti giri verso di me: “Quindi là sotto è tutto libero? Dovrei controllare per averne la certezza”. I tuoi occhi puntati sul mio viso, maliziosi e divertiti.

 

La tua mano che, delicata e sicura, s’infila dentro ai pantaloni e s’accerta di quell’assenza appena dichiarata.

 

“Sai, sono come San Tommaso.” 

 

Sorridi, sfiorandomelo appena.

 

Mi basta sentirti, per avvertire quel tamburo martellare più forte e pompare sangue caldo ed eccitazione nelle mie vene.

 

“Mi piace quando hai questi dubbi.” 

 

Ti bacio, perché mi è impossibile non farlo.

Piano ti sollevo, per metterti seduta su quel parapetto.

Dietro alla tua schiena il vuoto, davanti a te io, infilato fra le tue gambe.

Non sembri intimorita, hai solo l’espressione curiosa di cosa stia per succedere.

Passo la mano sulla guancia, scorrendo il pollice su quelle labbra che, impertinenti, mi sfidano a baciarle.

Arriverò dopo da loro. Ora c’è quel pezzo di pelle  scoperta dalla scollatura del vestito che ha bisogno di attenzioni.

Ho resistito tutta la sera a non tuffarmici, solo perché c’era troppa gente in giro e il tuo corpo è un tesoro che non sono disposto a condividere. 

 

Nessuno deve sapere quanto quelle tue curve siano ancora più eccitati da toccare, non devono sapere che sei così spudoratamente mia da non avere angoli di pelle con i quali io non possa giocare. Devono vedere di te solo ciò che gli concedo, perché sono il solo che può guardarti mentre ti trasformi nella mia puttana… solo io devo sapere quanto possa diventare spudorato e lascivo il tuo essere quando godi. 

 

Non ci serve giocare con il sesso in mezzo a estranei per sentirci noi, quello è un gioco che possiamo lasciare a chi non ha altro.

 

Che il mondo ci veda ridere, cantare, parlare, tenerci per mano, che ci giudichi  folli, irrequieti o irrazionali. A noi non importa, perché sappiamo che se dovesse cadere ci spostiamo, come cantano i Ricchi e Poveri. 

 

Ma ora, qui… i soli testimoni sono il mare, il cielo, la montagna e la luce del faro.

Ora posso smettere di tentare di distrarmi da quella pelle abbronzata.

Bacio il collo, e scendo incoraggiato da quel tuo buttare leggermente indietro la testa. 

Le tue braccia appoggiate sulle mie spalle, le mie che appoggiandosi ai tuoi fianchi risalgono come se cercassero d’incontrare la mia bocca lì sui tuoi seni.

Affondo il viso sulla morbidezza calda e profumata lasciata scoperta. Respiro la tua pelle mentre lento la bacio.

Sotto a quel vestito stringo i tuoi seni, come se sperassi di poterli spingere fuori da quella scollatura, come se fosse possibile far scappare il tuo capezzolo fra le mie labbra. 

Frustrato da quell’assenza, stacco la bocca ed infilo le dita dentro al bordo che non vuole cedere ai miei ordini.

 

“Non sai quanto vorrei spogliarti completamente…” dico guardandoti mentre le mie dita hanno raggiunto quel delicato bottone che mi sta facendo bruciare di desiderio.

 

Solo toccarlo, immaginarlo sotto le mie dita, sentirlo inturgidirsi mi sta uccidendo dalla voglia di averti.

 

Se non rischiassimo l’arrivo di qualche altro pazzo deciso a scendere quelle scale di notte, staresti già mostrando il tuo corpo alla luna.

 

Sospiri, lasciandomi fare. Credo tu abbia capito cosa potrebbe accadere. Ora lo sai perché ti ho portato lì… quello che non sai è che spero tu mi regali un sogno.

 

Con tua sorpresa, mi stacco da te. 

 

Non c’è fretta. Siamo in vacanza, abbiamo tutta la notte.

 

Mi metto a sedere sul parapetto a fianco a te, poi mi alzo in piedi.

 

È terribilmente eccitante trovarsi in precario equilibrio sul precipizio. Il vento sembra sospirare più forte, il cielo sembra più vicino, la schiuma delle onde contro la roccia pare cercare di spingermi giù.

 

“Che vuoi fare, in piedi sul muretto?” mi chiedi guardandomi con aria interrogativa.

 

“Niente, guardo meglio il panorama e decido cosa sia la cosa più bella da guardare…” dico guardando te, per poi tornare verso l’orizzonte, nascosto nel buio.

 

Poi torno a sedermi a cavalcioni girato verso di te.

 

“Deciso…”

 

“Sentiamo!”

 

“Girati anche tu… così posso guardarla dritta in faccia, la cosa più bella…”

 

Hai un’espressione non molto sicura, non ti aspettavi quella richiesta, e non credo fosse nei tuoi programmi.

 

“Oh ma sei proprio perfido!” borbotti, cercando di capire con quale dinamica gestire quel piccolo spostamento.

 

“TI giuro che se cadi vado da Barbara D’Urso!” sorrido divertito, vedendoti armeggiare con la gonna e spostando piano la gamba per lasciarla a penzoloni con poca convinzione.

 

“Te ne approfitti perché sai che le tue labbra sono irresistibili…” continui a brontolare, quasi come non stessi nemmeno parlando con me “e io voglio solo raggiungerle!” aggiungi, scivolando più vicina a me.

 

“Sono qui che ti aspettano…” dico, non riuscendo proprio a trattenere un sorriso.

 

Prendo le tue gambe, e le faccio appoggiare sulle mie cosce.

 

È come stare seduti su un qualsiasi muretto, basta scordarsi di cosa c’è sotto. Basta concentrarsi su qualcos’altro… qualcosa che non fa paura e che ti fa sentire al sicuro. Quel qualcosa sei tu. Per me. 

 

E per te?

 

“Paura?” chiedo, tenendoti saldamente le mani sui fianchi perché tu possa sentire che non ti lascerei andare via da me, per nessuna ragione al mondo. 

 

Sfiderei anche la forza di gravità, e ovviamente perderei, ma non ti lascerei cadere da sola.

 

“No, mi fido di te” dici senza mentire. Te lo leggo negli occhi che non hai paura.

 

“So tante cose di questo posto…” sussurro, infilando le mani sotto la gonna, e toccando le tue cosce. “Il Faro che c’è qui sopra è stato costruito e voluto da Cavour, che allora era il Ministro della Marina, ed è uno dei più grandi e potenti in Italia… per esempio” mentre parlo m’avvicino a baciarti il collo “Cavour…piemontese ed oppressore…” dico fra un bacio e l’altro mentre la mia mano ha già raggiunto la tua figa.

 

“Questi piemontesi…sono arrivati ovunque!” sorridi.

 

“E quando il Governatore di Sardegna ha provato a vendere le Stalagmiti della Grotta di Nettuno che c’è qui sotto a Maria Antonietta, sono stati i Savoia ad impedirglielo, decretando che era illegale portare via qualcosa di così bello e prezioso da questa terra.” 

 

“La volevano tutta per sé…”

 

“La volevano fortemente” dico, iniziando a fare piccoli movimenti circolari intorno al tuo clitoride.

 

“Si…” una risposta che svela i tuoi desideri.

 

“Si… e non sai quanto siamo testardi noi montanari quando ci mettiamo in testa qualcosa” dico, iniziando a massaggiare più deciso il tuo clitoride mentre muovo le altre dita fra le tue grandi labbra.

 

“Oddio…” sospiri.

 

Ti lecco le labbra, e fingendo di non sentire quanto si sta bagnando la tua figa, chiedo un innocente “Che succede?”

 

“E tu, che ti sei messo in testa?” la tua voce prova ad essere tranquilla, ma il respiro ti frega.

 

Non rispondo, e affondo piano due dita dentro di te, mentre continuo a stimolare il tuo clitoride.

 

Per un secondo sembri quasi trattenere il fiato, poi cerchi le mie labbra.

 

Decido di fartele trovare, perché ne ho bisogno quanto te. 

 

Ma per poco.

 

Rimanendo con il viso sul tuo: “Quanto sei disposta a fidarti?”

 

“Che vuoi fare?”

 

Mentre continuo a toccarti con una mano, con l’altra mi slaccio i pantaloni, svelando l’erezione che mi hai portato ad avere.

 

Il solo toccarlo per farlo uscire dai pantaloni me lo fa pulsare come se si fosse illuso di trovare immediatamente te.

 

“Voglio guardare il paesaggio mentre ti sono dentro… vieni qui…”

 

Con movimenti lenti e attenti, ti faccio mettere sulle mie gambe.

 

Il Kamasutra definisce la posizione in cui ci ritroviamo “il Loto”.

 

Man mano che il tuo corpo trova la posizione, sento il mio cazzo entrare dentro di te.

 

L’intimità di quell’istante è seconda solo al brivido della consapevolezza che per me sei disposta a metterti sul bordo del vuoto.

 

Sembra quasi sbagliato essere dentro di te e non poter avere solo la tua pelle intorno. 

 

Devo accontentarmi di toccarla senza poterla scoprire da quel vestito.

 

Sotto la tua gonna, le mie mani stringono le tue natiche.

 

“Voglio scoparti dappertutto” borbotto, completamente ubriaco di voglia di te.

 

Mi mordi prima lo zigomo, poi il labbro inferiore.

 

Impulso. Brivido. Ossigeno che diventa rarefatto.

 

Voglia che si trasforma in Bisogno.

 

Ti guardo, perso nelle tue espressioni maliziose.

 

Il mio dito massaggia il tuo buchino e delicatamente si spinge dentro al tuo sedere.

 

Il solo pensiero che ogni parte del tuo corpo sia mia incendia la coscienza.

 

“ti piace, o vuoi che smetta?”

Chiedo fissandoti, sentendo i tuoi fianchi muoversi.

 

La risposta la conosco, mi basta leggere il piacere sul tuo viso.

Ma voglio sentirlo. Voglio che sia tu a dire che è esattamente ciò che vuoi. Sentirti mia.

 

“Non ti azzardare a smettere!” 

Ansimi vicino alla mia bocca.

 

Non ti faccio finire quella frase che spingo ancora più dentro di te il mio dito ed inizio a muoverlo piano.

 

Adoro sentirti godere!

 

Godi per me, mostrami quanto mi desideri.

 

Prenditi tutto il piacere che vuoi.

 

“Per quanto lo ricorderai questo paesaggio?”

 

La mia voce è rotta dal piacere.

Ma voglio che non ti dimentichi di dove siamo: a pochi centimetri da un volo di più di 150 metri.

Devi sentire per una frazione di secondo quelle vertigini e credere che sia io il solo appiglio che hai per poterti salvare.

 

Devi percepire la paura e lasciare che la spazzi via.

 

“Credo che non lo dimenticherò mai!” la tua voce vibra.

 

Sei perfetta! Sei tu, e sei mia!

 

Ti bacio, cercando la tua lingua con la mia. 

 

Sento il tuo corpo, i suoi movimenti sempre più irregolari, sento il tuo piacere entrarmi sotto la pelle, sento il tuo orgasmo esplodere potente stringendomi e bagnandomi il cazzo.

 

Vengo dentro di te, senza pensare ad altro che a quanto tu sia la sola cosa che mi serve per sistemare ogni pezzetto del puzzle di chi sono.

 

Vengo, stringendoti più forte, confondendoti con quel vento che soffia spostando i capelli sul tuo viso, ascoltando le onde infrangersi sugli scogli in perfetta sincronia con i fremiti di quell’orgasmo che sembra non finire mai.

 

Fatti guardare mentre riprendiamo a respirare. 

 

Ti sposto i capelli dal viso, tenendoli dietro la tua schiena.

 

“Ciao” dico sorridendoti.

 

Potrei dirti le mille altre cose che mi stanno passando per la mente adesso, ma dovrei tentare di ordinarle, dargli un senso che tu possa capire e non ne ho voglia.

 

“Ciao” rispondi prendendomi il viso fra le mani.

 

Un bacio. Il punto e a capo di quella prima parte di serata che ti aspetta e che ancora non è finita.

 

“Ora devi dirmi quale busta scegli: A, B o C?”

 

“Cosa c’è nelle buste?”

 

“3 sorprese…”

 

“premesso che le pretendo tutte e tre, direi che voglio andare in ordine… quindi dico A!”

 

“Lo immaginavo… per la A dobbiamo tornare alla macchina.”

 

Mi dispiace lasciare quel posto, ma il programma per la serata è ancora piuttosto lungo e non possiamo permetterci ritardi, prima dell’alba devi aver “scartato” tutte le sorprese.

 

Scendo dal parapetto per primo e ti guardo scendere a tua volta.

Potrei anche aiutarti, ma è troppo divertente guardarti.

 

“Notevole balzo, signor Hiltop!” dico ricordando la scena del vecchietto che scende dalla barella del film Frankstein Junior.

 

“Non prendermi in giro!!! Non vale! Ho ancora le gambe che mi fanno giacomo giacomo!” dici spingendomi, fingendoti offesa.

 

“Chi è questo Giacomo adesso? Devo uccidere qualcuno?”

 

“Ma che ci devo fare io con te?!?” 

dici abbracciandomi. 

 

“È una domanda o un affermazione?”

 

“tutte e due”

 

“Se vuoi la sorpresa A devi baciarmi fortissimo. Così tanto per dare un…” non finisco la frase che mi trovo la tua bocca stampata sulla mia.

 

Risaliamo quella scalinata fino alla macchina.

 

Prendo la chiave dalla tasca mentre ci avviciniamo e la apro.

 

“Guarda nel baule… e sappi che non è stato facile… mi son dovuto impegnare molto!!!”

ti dico mentre ti vedo avvicinare al baule.

 

In effetti non è stato facilissimo. La parte difficile non è nemmeno stata quella di trovare ciò che stavo cercando, per quello ci ho messo pochi minuti. 

Il problema era portarlo in Sardegna senza che lo vedessi quando sei venuta a prendermi all’aeroporto.

 

Ho dovuto farmelo spedire in albergo e parlare in codice come un narcotrafficante con il personale alla reception.

 

Trovare un momento poi per scendere, prendere il pacco, metterlo nel baule e tornare in camera senza che t’accorgessi di nulla è stato un vero trucco alla Houdini.

 

Per fortuna prendi molto sul serio l’asciugatura dei tuoi capelli e con il rumore del phon nelle orecchie non ti sei accorta dalla mia fuga!

 

“Non-ci-credooo!!!” saltelli con gli occhietti a cuore e le mani che battono come una bimba quando vedi che sotto la carta da regalo c’è il dolceforno versione originale degli anni 80.

 

“Alla faccia di chi non te l’ha regalato quando eri piccola!”

 

“Grazie… è bellissimo! Non vedo l’ora di usarlo!”

 

“Io non ti faccio da cavia!” scherzo.

 

Com’è possibile che mi sembri sempre più figa? Questa cosa non è normale e prima o poi finirò in manicomio, questo è sicuro!

 

Per esempio, adesso, anche se abbiamo fatto sesso da poco… io ho ancora una gran voglia di te!

 

Ti abbraccio da dietro mentre sei appoggiata al baule.

 

“Sei una bimba più felice adesso?” chiedo baciandoti il collo, mentre le mani scivolano basse verso il tuo inguine.

Non è colpa mia, si muovono da sole!

“Non ti basta mai… sto ancora gocciolando” dici, quasi sorridendo compiaciuta, senza fermarmi.

 

 

 

“Giusto! Diamoci in contegno!” scherzo dandoti una pacca sul sedere “andiamo… passiamo alla sorpresa B!”

 

 

 

Torniamo all’Hotel.

 

 

 

“Aspettami qui… non ti muovere!” dico lasciandoti davanti all’ascensore.

 

Vado alla reception, dove il ragazzo mi guarda con fare complice, per me si è immedesimato troppo nel ruolo della spia!

 

Mi passa le chiavi della piscina della spa. Quella con l’acqua di mare riscaldata.

 

Per farmi dare quelle chiavi fuori dall’orario d’apertura normale ho dovuto dare una mancia extra e mentire, dicendo che era il nostro anniversario.

 

Il direttore, comunque, dev’essere un tipo romantico, perché ha accettato senza che dovessi snocciolare la tecnica del vero maschio alfa, ovvero implorare.

 

Torno da te e chiamo l’ascensore.

 

“Ora che succede?” mi chiedi.

 

“Ora lo vedrai” dico spingendo il bottone dell’ascensore che ci conduce alla meta.

 

“Guarda che questa è chiusa davvero…” dici quando vediamo il piano al buio e la porta chiusa.

 

“Ma io ho queste” ti faccio dondolare le chiavi davanti agli occhi “Apriti sesamo…” dico infilandole nella toppa e facendole girare.

 

Su uno dei tavolini vicino ai lettini ergonomici riscaldati ci sono un cestino di fragole e una bottiglia di prosecco.

 

“Ooooh ma che romanticone… fragole e bollicine!”

 

“Questi sono opera della direzione, io non ci avevo pensato, ma già che è qui è meglio non sprecarlo!”

 

“Mi piace come ragioni!”

 

Prendo la bottiglia, non è che si sono sprecati poi molto eh, penso guardando l’etichetta del prosecco. 

 

Ma a caval donato non si guarda in bocca, male che vada domani mi sveglio con un po’ di acidità di stomaco. 

 

Ho bevuto sicuramente di peggio nella mia vita!

 

La apro, facendole fare un bel botto e sparando il tappo da qualche parte.

 

Verso due calici, rimetto la bottiglia nella boule con il ghiaccio.

 

Prendo un fragola e la avvicino alla tua bocca.

 

“Vuoi?”

 

“Si” dici mettendone metà fra le labbra.

 

L’altra metà fragola è mia.

 

E mentre ci scambiamo quel bacio decisamente fragoloso ti abbasso piano la zip del vestito e te lo faccio scivolare via dal corpo.

 

Non te ne accorgi, ma mentre ti bacio ti sto portando vicino al bordo della piscina e appena stacco le labbra ti spingo verso l’acqua.

 

“Non so perché ma me lo dovevo aspettare! Dispettoso!!!” dici riemergendo.

 

“Ah perché, credevi che fossimo qui per fare i romantici?!? No… la sorpresa è un altra…” dico prendendo i due calici di prosecco.

 

“Tieni un attimo, per favore” te li porgo.

 

Tu li prendi.

 

Io mi spoglio veloce, poi con tanto di rincorsa eseguo un perfetto tuffo a bomba, coprendomi le palle con le mani, perché per esperienza ormai so che potrebbe non essere divertente sbatterle sull’acqua.

 

E spero mi servano ancora per qualche anno.

 

Appoggiata al bordo mi guardi: “Davvero elegante!”

 

“Anni d’esperienza” dico avvicinandomi a te, iniziando a canticchiare la canzoncina de Lo Squalo.

 

Quando mi avvicino, tu mi allacci le gambe in vita e appoggi le braccia sulle mie spalle.

 

Schiacciata fra me ed il bordo della piscina.

 

Prendo i calici che hai lasciato su bordo, te ne porgo uno.

 

“Un brindisi alla sorpresa B?”

 

“Che è… la piscina?”

 

“No. la piscina è solo la location…”

 

“Dimmelaaaaa son curiosa!” protesti.

 

“Cin cin!”

 

“uff… cin cin!”

 

“Cazzo che schifo… alla goccia!!!” dico, decidendo di porre fine alle sofferenze e non sorseggiare quell’insulto offerto sotto forma di prosecco.

 

Riappoggio il bicchiere, perché adesso ho bisogno d’avere entrambe le mani libere. Devono girare su tutti i sentieri del tuo meraviglioso corpo.

 

“Giusto per essere chiari” dico appoggiandole sul tuo sedere “Sei mia?”

 

“Si”

 

Che ti fidi di me ora lo so, o non ti saresti seduta sulle mie gambe su quel parapetto.

 

Ora voglio scoprire fino a che punto possiamo alzare l’asticella di quella fiducia.

 

Sei disposta a fidarti così ciecamente di me da farti portare anche negli angoli più bui e sporchi della passione?

 

Voglio farti provare quel piacere totalizzante, quel piacere incondizionato che per quei minuti esula da chi siamo e fa sentire solo il corpo gridare di volerne ancora e di più.

 

Vorrei tentare di darti un piacere che forse prima non hai mai provato, non per il mio orgoglio, non per detenere quel primato ma perché voglio che, qualsiasi cosa accadrà dopo oggi, nessuno ti riporterà in quel “noi”. Vorrei marchiartelo così a fuoco quel piacere, che se anche poi fra mille anni sarà un altro a fartelo provare, la tua mente e il tuo corpo non potranno non pensare a me.

 

Vorrei legarti a me per sempre con qualcosa che ci condurrà sempre qui, in questa piscina deserta.

 

Potrei anche non riuscirci, potrei fallire questa “sorpresa” ma se le sfide non mi piacessero non sarei io…

 

Penso, mentre ti faccio stendere a filo d’acqua a pancia in giù.

 

Le tue braccia appoggiate al bordo, le gambe che galleggiano in quell’acqua salata.

 

Io al tuo fianco che ti sorreggo posando la mano sinistra sul tuo inguine sott’acqua.

 

Ti bacio la schiena, la tua pelle bagnata ha il sapore salato del mare.

 

La mano destra che ti accarezza piano le natiche.

 

Il tuo sedere emerge dall’acqua, lucido, bagnato e invitante come la terra ferma per un naufrago.

 

Con il viso posato sul braccio piegato sul bordo, mi guardi.

 

“Che vuoi fare?” chiedi con espressione rilassata.

 

“Tutto quello che mi passa in mente” rispondo passando le dita fra le tue natiche seguendone il solco, l’indice raggiunge la tua figa, immergendosi fra le tue grandi labbra, strofinandosi sul clitoride, il pollice piano stimola il tuo ano.

 

La mia mano raggiunge e massaggia entrambi i tuoi buchi, mentre quella sott’acqua apre le tue grandi labbra per scoprire ogni angolo sensibile della tua figa e toccarlo.

 

“Sam…” dici piano.

 

“Sara…” rispondo, torturando piano il tuo clitoride. 

 

Mi piace sentire che pronunci il mio nome sporcato dal piacere.

 

Mi basta sentire la tua pelle per far venire al mio cazzo la voglia di piantarsi in te e farti sentire quanto puoi fottermi il cervello.

 

“Scopami…” sussurri ansimando.

 

Indice e anulare entrano dentro la tua figa, ora è il medio incaricato a continuare a torturare il tuo clitoride, mentre il pollice continua a sfregare piano l’ano.

 

“Sssh…” dico, continuando a masturbarti piano.

 

“mi stai torturando…” rispondi mordendoti il braccio. 

 

Piego le dita dentro di te, raggiungo il punto G con la punta delle dita, con movimenti intermittenti e alternati, te lo tocco…

 

Sento il tuo corpo vibrare, respiri sempre più forte.

 

“Cosa vorresti adesso?”

 

“Il tuo cazzo” ansimi sboccata, quasi senza rendertene conto.

 

Solo sentirtelo dire me lo fa pulsare come se lo stessi stringendo.

 

Non riesco a resistere a quel tuo richiamo, mi sposto dietro di te lasciandoti cadere le gambe sott’acqua, infilandomici in mezzo, e con un colpo deciso entro completamente dentro di te, ansimiamo quasi all’unisono.

 

Una mano sul tuo sesso, l’altra prende i capelli e te li tira quanto basta per farti alzare il busto verso di me, inizio a scoparti, mordendo e succhiando quel collo.

 

Fanculo a tutta quest’acqua del cazzo! 

 

Pochi istanti: sei seduta su uno dei lettini e mi stai facendo mancare l’ossigeno mentre succhi il mio cazzo, giocando abilmente con la bocca, la lingua e le mani in un’alternanza di movimenti istintivi. 

 

In piedi ti tengo la mano fra i capelli, inizio a scoparti la bocca, poi sento d’essere troppo vicino a non poter più fermarmi.

 

Te lo tolgo dalla bocca 

 

“non è qui che voglio venire…” dico chinandomi per baciarti, un lungo bacio carico di passione.

 

Mentre ti bacio ti guido a sdraiarti, ti faccio mettere le cosce sulle mie spalle, respirare l’odore della tua eccitazione mi fa salire il gran bisogno d’affondare la lingua in quella tua figa gonfia ed arrossata, succosa e pulsante.

 

In ginocchio fra le tue gambe, servo del tuo piacere.

 

Le tue mani fra i miei capelli, e i tuoi gemiti. Il tuo odore nelle narici, il tuo sapore nella bocca.

 

Dio, quanto mi piace mangiarti la figa!!! 

 

“Mettiti in ginocchio!” non te lo sto chiedendo, non è una cosa che puoi decidere.

 

TI voglio a pecorina su quel lettino, voglio leccarti entrambi i tuoi buchi.

 

Lo fai. Lo fai e sei stupenda! 

 

Mi metto dietro di te, con un dito raccolgo i tuoi umori dalla figa, spostandoli per inumidire bene il tuo ano.

 

Ti lecco laido il buco del tuo culo mentre le mie dita si concentrano su ogni punto della tua figa.

 

Se non entro dentro di te ora sento che potrei venire senza nemmeno dovermelo toccare.

 

In ginocchio dietro di te, lo infilo dentro.

 

Nessun attrito ostacola. 

 

Violento, entro completamente dentro di te, completamente dentro di te sento le palle schiacciarsi contro il tuo sesso, le sento inumidirsi dei tuoi umori che sembrano gocciolarmi addosso.

 

Si carica nelle mie vene un piacere così estremo da sembrare follia.

 

TI prendo per i capelli, facendoti inarcare di più la schiena, voglio fartelo sentire tutto dentro di te, devi sentirti piena, invasa… completamente mia!

 

Non c’è niente di romantico o dolce nella scopata che stiamo facendo. É come ritrovarsi avvolti da luci stroboscopiche accecanti, sparate negli occhi, velocissime, tanto da non capire più chi sei o in quale direzione tu stia andando.

 

Vertigini e senso di sopravvivenza che grida di appagare quel piacere che riempie ogni spazio.

 

Non so come siamo finiti ad essere completamente sdraiati, tu schiacciata fra il lettino e il mio corpo a pancia in giù.

 

So che sento il mio sperma risalire il cazzo, ti bacio infilando la mia lingua nella tua bocca e mentre continuo a scoparti vengo, ansimando, spingendolo in te ad ogni schizzo che sento sgorgare.

 

Quasi non respiro.

 

Vorrei potermi addormentare qui, così dentro di te.

 

Ma credo rischierei di schiacciarti, e mi servi intera.

 

Scivolo di lato a te, tu trovi la posizione infilandoti fra le mie braccia.

 

“Non credo d’avere le forze per la terza sorpresa…” dici sorniona.

 

“Non ti ho ancora dato la seconda…”

 

“Ah no?” dici alzando il viso e guardandomi “ non era questa scopata incredibile?”

 

In parte sì, ma sembra troppo autocelebrativo. Non arrivo a tanto. Nemmeno io!

 

Sorrido.

 

“No, ma lieto ti sia piaciuta, spero in un buon feedback” scherzo, cercando di riprendere coscienza di chi sono e quali programmi avevo in origine.

 

“Feedback per chi, oh?”

 

“Eh non lo so… per la prossima pesca a strascico” dico facendoti l’occhiolino.

 

“Ti spezzo le gambine e ci gioco a Shangai” dici imitando i sardi di Aldo, Giovanni e Giacomo.

 

“Prima devo trascinarmi a prendere la sorpresa…”

 

Sono un eroe, riesco davvero a camminare nonostante sia ancora decisamente avvolto dall’estasi finita da poco.

 

Dovrebbe essere qui da qualche parte, ho detto di nasconderla da qualche parte ma non così bene.

 

Ah eccolo!!!

 

“L’ho vista, quella busta, in camera!!!” dici vedendomi tornare da te “cavolo se sapevo che era mia  ci guardavo dentro!” dici sedendoti in attesa che te la dia in mano.

 

Mi siedo davanti a te e ti sposto la busta, dato che stai per prenderla.

 

“Buona con quelle mani… c’è la premessa!”

 

“ok scusa… premetti.”

 

“Molto probabilmente senza il tuo nick “Luthien” non ti avrei notata subito in quel delirio di autori e commenti… sei il primo nick che mi è rimasto impresso nella testa, e poi il resto è storia… e dato che nella città più bella del mondo, che ovviamente è Torino, c’è un negozietto di libri da collezione, prima di venire qui sono andato a farmi un giro e c’era questo che mi sembrava proprio adatto alla tua libreria… sperando che tu già non ce l’abbia…”

 

Dico, porgendoti finalmente la busta.

 

Aprendola, ti ritrovi in mano la prima edizione della stampa americana del Silmarillion.

 

Sdraiato con il viso appoggiato fra i tuoi seni, avverto quella inconfondibile sensazione che è così difficile tradurre in parole che riescano a contenerla tutta, ma che se proprio fossi obbligato a trovarle userei “pace incrollabile”.

 

Sento il tuo cuore battere e vedo così vicina la mia mano accarezzare il tuo seno , giocarci delicato come un bambino si prende cura del suo peluche preferito che lo difenderà dagli incubi.

 

Sapevo che eri pericolosa, l’ho intuito leggendo quello che scrivevi, ne ho avuto conferma conoscendoti.

 

Spogliarti di Luthien e scoprire Sara è stato come trovarsi in un assurdo deja-vù, riconoscere una persona che non avevo mai incontrato prima. 

 

Pericolosa, e non lo sai. 

 

È pericoloso abituarsi ad averti e non poterti obbligare a rimanere.

 

“Ma dormi?”

 

Chiedi, sentendo il silenzio, e potrei. Sì, potrei addormentarmi, ma no. Non sto dormendo, sto solo facendo l’elenco di tutte le cose che potrebbero andare male da domani in poi.

 

Deformazione professionale, o indole, non lo so. 

 

Mi piace provare a prevenire le cose che non vorrei accadessero.

 

Controllare ciò che posso controllare e sperare di avere un piano b per l’incontrollabile. 

 

Ma le persone non le puoi controllare, se te lo permettono poi finiscono anche di stupirti. Le persone, soprattutto quelle di cui vuoi riempirti la vita, vanno lasciate libere, puoi solo incrociare le dita e sperare che la loro libertà ti comprenda. 

 

Non posso trattenerti, ma posso darti un motivo per rimanere. Questo posso farlo. 

 

“Quasi…” dico spostando le labbra verso il tuo capezzolo e baciandolo.

 

Non c’è lussuria o libidine sulle mie labbra, solo adorazione, devozione, ammirazione.

 

“Andiamo” mi sollevo su un gomito, ti prendo il libro dalle mani “questo lo guardi dopo…”

 

Mi alzo convinto e deciso , perché staccarmi da te dev’essere traumatico e deciso come levarsi un cerotto.

 

Uno strappo unico e deciso e passa il pensiero!

 

E inizio a rivestirmi, mentre tu ancora non credo abbia ben capito che dobbiamo andare via da lì, e mi guardi con qualche punto interrogativo.

 

“Ma…” dici, cercando una protesta che non considero, dato che ti lancio il vestito “ok, mi vesto” ho capito! Ma sono ancora bagnata…” intendi dell’acqua della piscina, è ovvio, ma me la servi su un piatto d’argento!

 

“Ma che porcellina!!!” dico facendoti l’occhiolino e recuperando le scarpe. 

 

“Piantala che hai capito!!” 

 

“Tanto dobbiamo andare in camera !”

 

“Dovrei farmi una doccia!! Ho tutto il sale addosso…” dici arrivando in camera.

 

“Dopo… ora apri il frigo bar” dico sedendomi sul letto.

 

Alzi un sopracciglio, sospettosa, e piano, come se dentro potesse esserci una bestia ferocissima, lo apri.

 

Un contenitore di gelato è praticamente la prima cosa che vedi.

 

“Questa come è arrivata?”

 

“Magia..”

 

Non è magia, è solo il mio “palo” in reception che ce l’ha messa mentre eravamo a cena, non ci vuole il mago Silvan per scoprire il trucco!

 

“É al pistacchio! È tutto al pistacchio!!!” dici contenta.

 

“Guarda bene, dovrebbero esserci anche le cialde e i cucchiaini per mangiarlo!”

 

“Oh sì, eccoli!” dici prendendo il sacchetto.

 

Seduti sul letto, iniziamo a mangiare il gelato, e in effetti uno spuntino ci voleva!

 

Infilando la mano nel sacchetto per prendere una cialda fatta a piccolo cono, t’accorgi che in fondo c’è qualcosa di…

 

“Ma queste sono… chiavi?” chiedi, prendendole.

 

“È il regalo nella busta C!” dico, leccando il cucchiaino.

 

“E sono le chiavi di cosa, esattamente?”

 

“Di casa mia a Torino. Fra qualche giorno devo tornarci. E puoi considerarle un invito a venire quando vuoi o quando puoi… insomma quando pare a te!”

 

L’importante è che adesso non inizi a fare ciò che mi viene meglio, ovvero cercare di declassare cose importanti farcendole con parole inutili o battute.

 

Nella mia testa m’ero preparato anche il discorso serio e carico di sentimenti, funzionava alla perfezione. Il problema è farlo uscire dalla mia testa così come l’avevo pensato.

 

“Ok. Dall’inizio.” dico cercando di riavvolgere.

 

“Non so quanti anni fa, ho letto un libro di Bukowski e mi è rimasta impressa una cosa,  perché mentre la leggevo ho pensato che anche io volevo trovare una persona così, e perché, se l’aveva trovata lui, che non era certo uno stinco di santo , allora forse potevo riuscirci anche io… sembri una tutta equilibrata ma in realtà sei emotivamente disturbata . E poi hai questi occhi enormi e la cosa alle volte mi distrugge.

 

Ma a me distrugge di più pensare che fra pochi giorni me ne torno a Torino senza questi occhi. Quindi… il compromesso che ho trovato è: farti sapere che puoi venire quando vuoi, senza nemmeno avvertirmi, e rimanere tutto il tempo che credi.”

 

Guardi le chiavi e poi me. Confusa? Contenta? Spaesata?

 

Ho esagerato?

 

Troppo, e troppo presto?

 

Sicuramente sì. Me ne rendo conto.

 

Ma presto questi 15 giorni finiranno. 

 

Siamo una sigaretta accesa che è destinata a trasformarsi in cenere, o siamo il fuoco che l’ha accesa e che non faremo spegnere? 

 

Alla fine è la sola domanda a cui mi piacerebbe avere la risposta. Alla fine  è la sola risposta che non puoi darmi nemmeno tu. 

 

Ma puoi farmi capire se questi 15 giorni ti basteranno per il resto della vita, o se ne vorrai altri. Non voglio sapere se vuoi trasferirti, lasciare tutto… mi farò bastare sapere se quelle chiavi le userai… se potrò viverti ancora.

 

Sigaretta o fuoco? 

 

La vuoi scoprire anche tu la risposta a questa domanda?

 

“Cosa significa per te questa chiave?”

 

Cerco di spiegartelo , cerco di spiegarti questi miei pensieri confusi.

 

“Sicuramente le userò…” dici dopo avermi ascoltato. 

 

Ti avvicini, lenta e sinuosa, baciandomi piano.

 

Dovrei essere sazio di te e invece… sembri non bastarmi mai.

 

Non so grazie a quale incantesimo sei arrivata nella mia vita. ma no,  non voglio che s’interrompa.

 

Penso mentre, dopo avermi spogliato, mi hai lasciato seduto qui a guardarti mentre lenta fai cadere a terra i vestiti che avevi indossato dopo la doccia.

 

Solo guardare la tua pelle che si svela mi lascia senza parole.

 

Ignoro il motivo per cui mi sia meritato questo spogliarello, ma non m’importa di scoprirlo. Continua…

 

Sei meraviglia. Sorpresa. Dolcezza. 

 

Sei il desiderio più forte che abbia provato.

 

Sei la luce che svela ogni mio lato migliore.

 

Ti guardo avvicinarti a me con quello sguardo di chi ha voglia di torturarmi un po’ prima di concedersi.

 

Mi bastano quegli occhi puntati sul mio viso, per farmi sentire il sangue scaldarsi.

 

Ti siedi a cavalcioni su di me. Indossi solo le mutandine e il reggiseno.

 

“Ho ancora voglia di te… si sente ?”

 

Chiedi iniziando a strusciarti piano, il tuo inguine sul mio.

 

“sì.” Dio, sì, lo sento.

 

Sento il tessuto bagnato dei tuoi umori, sento il tuo calore far crescere e pulsare il mio sesso.

 

Mi sembra quasi di distinguere vivido l’odore dolciastro ed eccitante della tua eccitazione.

 

Appoggio le mani sui tuoi fianchi, lasciando che ne seguano i movimenti.

 

“Non puoi spogliarmi… non puoi togliermi niente.” Perfida, avvicini i tuoi seni al mio viso.

 

Sai bene quanto adori guardarli nudi, toccarli, stringerli nelle mani e baciarli. 

 

Averli così vicini e ammirarli coperti da quel leggero tessuto mi devasta la mente.

 

Le mie labbra cercano i tuoi sensibili capezzoli che, turgidi, sembrano pregarmi di liberarli dalla loro prigione di pizzo.

 

Li succhio, come se quella barriera potesse sparire come per magia con la mia saliva.

 

“Ti permetto di giocare con le mie mutandine, se vuoi” sussurri piano al mio orecchio, appoggiando appena le tue labbra sul mio lobo e baciandolo.

 

“Si che voglio!”

 

 Respiro mentre le mie mani scendono, raggiungendo le tue natiche, perso nel sentire le contrazioni dei muscoli che accompagnano quei tuoi sinuosi strusciamenti, come le spire di un serpente.

 

Sfrontata e terribilmente eccitante, parte del tuo piacere è sapere che starò alle tue regole.

 

Il tuo sguardo caldo inchiodato su di me.

 

Devastante, sembra sfidarmi. 

 

Sembri sicura che cederò all’implacabile desiderio di ammutinarmi e prendere il comando, forse una parte di te lo spera.

 

Ed è per questo che non lo farò! 

 

Aspetto quel momento in cui sarai tu a pregarmi d’essere scopata.

 

Sarai tu ad aprire la gabbia e liberarmi. So che lo farai. 

 

Ora giochiamo alle tue regole.

 

Scopro con una lentezza che quasi t’esaspera quel bel sedere, infilando le mutandine nel solco creato dai tuoi glutei.

 

T’accarezzo sempre più deciso, fino a che quelle carezze non sembrano imprigionare il tuo sedere e spingere il tuo sesso contro al mio.

 

Erano le tue mutandine bagnate che volevi farmi sentire, ora le sento ancora meglio e sono sempre più fradice.

 

Gustandoti quel contatto, mi spingi il viso fra i tuoi seni.

 

Così, bellissima Regina, inizia a sentire il peso della corona che vuoi portare, lasciala cadere e dimmi che non ti basta. 

 

Confessami che vuoi di più.

 

Che vuoi godere, indecente e lasciva.

 

Guardandoti, prendo fra i denti il pizzo del tuo reggiseno, e lento lo trascino giù. 

 

Puoi fermarmi, ma non lo fai.

 

Lasci che io scopra il tuo capezzolo.

 

Sembra pensato da un artista per le mie labbra.

 

Lo bacio, delicato, e tenendolo fra le labbra con la punta della lingua lo accarezzo appena,  mentre una mano scivola sotto a quel filo che sono ora le tue mutandine.

 

Passo il dito fra le tue natiche, fermandomi sul tuo buchino e massaggiandotelo.

 

Sei tu ad avermi detto che potevo toccarti il sedere, non sto violando nessuna regola.

 

Ansimi.

 

Erotica melodia sono quei tuoi respiri, ed io il musicista che desidera comporre quell’Armonia.

 

“Mi piace…” canta ancora.

 

Schiavo del tuo piacere, il mio cazzo pulsa e piange dal desiderio di possederti.

 

Infili la mano fra i nostri due corpi.

 

Imprigioni la mia erezione, quasi come se stessi testando la soglia del mio desiderio di te.

 

Il dito forza il tuo buchino, entrando dentro al tuo sedere mentre l’altra mano agguanta il tuo seno stringendolo. Succhio ancora più avido il tuo capezzolo, vorrei mangiarlo, consumarlo.

 

“E se lo usassi come il mio sex-toy?” mi chiedi, spostando di lato le tue mutandine e iniziando a passarti la cappella fra le grandi labbra.

 

“Usalo come vuoi! È tuo!” ansimo,  iniziando a muovere piano il dito nel tuo sedere.

 

Sei brava anche in questo ruolo. La tua tortura mi sta incendiando i sensi, e pur morendo dalla voglia, una parte di me desidera che non finisca.

 

Anche desiderarti diventa parte della tua sorprendente sensualità.

 

Dandoti piacere usando il mio cazzo per stimolare il tuo clitoride, mi dai il nuovo ordine.

 

“Baciami”

 

Ecco svelato il grande mistero del motivo per cui ti amo.

 

Vuoi quello che voglio io. Sempre. Nello stesso momento in cui lo desidero io.

 

Dandoti ciò che vuoi, mi prendo ciò che voglio!

 

Simbiosi? Affinità? O solo magia?

 

A chi importa la risposta? 

 

Non a me. Mi basta sapere che sei tutti quei pezzi di puzzle che mi mancavano per finire il disegno.

 

Ti bacio così forte da toglierti il respiro.

 

Infilare la mano fra i tuoi capelli per tenerti con la faccia incollata alla mia è la sola buona ragione per lasciare il tuo seno.

 

“Ti voglio sentire dentro” ansimi prendendo respiro da quel bacio.

 

“Sei tu a guidare il gioco…” rispondo, sadico.

 

Cedi. Chiedimi di scoparti. Non aspetto altro!

 

Io vorrei viverci dentro di te!

 

Muoio dalla voglia di sentire il mio cazzo entrare in te.

 

Guardarti accoglierlo, farlo scivolare in te, sentire il cuore fermarsi e l’ossigeno mancare.

 

Mi guardi mentre te lo prendi dentro. Lento, lo sento invaderti e riempirti.

 

Prendo il viso fra le tue mani, bloccandotelo a pochi centimetri dal mio.

 

Fatti guardare, mentre decidi di volerti sentire mia.

 

“È perfetto!” 

 

Sei senza fiato, mi guardi mentre inizi a muoverti piano su di me.

 

Il mondo intorno, lento, scompare e ci lascia soli, io e te avvolti in un universo primordiale fatto solo di sensi ed istinti.

 

Sei un sogno. É un sogno sentire la voglia che hai di avermi in te.

 

Ti spingi fino alle mie labbra iniziando a baciarle con foga.

 

“Ti voglio! Ti voglio nel culo!” 

 

Eccolo! Sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui perdi ogni pudore. In cui desideri che diventi il tuo lurido amante e tu la mia lussuriosa Messalina.

 

“Mettiti a novanta!” dico quasi furioso.

 

Come se quella richiesta avesse aperto la gabbia dell’animale selvatico che in calore non aspettava altro che la libertà di prendersi la sua femmina.

 

Apro le tue natiche affondandoci il viso e iniziando a leccarti avido, bagnando quel buchino per prepararlo all’invasione che sta per ricevere.

 

“Ooh Dio sono fradicia…” gemi, mentre passo una mano sulla tua figa masturbandoti con decisione, la mia lingua continua quel suo lavoro accurato sul tuo culo.

 

Sento lo sciacquettio della tua figa. 

 

Il cazzo sembra quasi farmi male da tanto è duro e pulsante.

 

“Vuoi sentire che effetto mi fai?”

 

Dico alzandomi e passandotelo sulla figa. Saranno i tuoi umori il lubrificante che lo aiuterà ad entrarti dentro.

 

Quindi bagnamelo bene. Perché vuole il tuo culo e vuole farti godere.

 

“Lo voglio!” dici mentre sto già piantandotelo dentro la figa.

 

Tutto, con decisione. Sei così bagnata che non trova nessun attrito.

 

Ti infilo un dito nel buchino, poi piano un secondo.

 

“Lo voglio nel culo…”gemi godendo.

 

Lo faccio uscire e te lo punto nel tuo secondo buchino, ci sputo mentre piano forzo il tuo sfintere.

 

Un brivido attraversa tutto il corpo quando vedo entrare tutta la cappella e la sento stretta in quella morsa che mi sta facendo vibrare.

 

TI tengo ferma mentre piano lo faccio entrare dentro tutto.

 

Un disperato grugnito di piacere esce dalle mie labbra.

 

Ho solo voglia di scoparti. 

 

“Ti piace?”

 

Una domanda persa nel piacere torbido che stai provando.

 

Una domanda a cui non so se ho la razionalità per rispondere.

 

Mi chino su di te, riuscendo solo a iniziare a scoparti sempre più forte mentre ti tocco la figa.

 

Mia. Completamente Mia.

 

Ecco cosa riesco solo a razionalizzare, ora che sto possedendo anche quel ultimo angolo di te.

 

La dolcezza nascosta in quel lurido atto diventa la sola cosa che pervade la mia mente e i miei sensi.

 

Mia, al punto di concedermi ogni cosa. 

 

Tuo, al punto di volermi sentire in ogni tuo anfratto.

 

Ti alzo il busto: voglio quelle labbra, voglio baciarti mentre sento il mio orgasmo prepararsi a esplodere.

 

Ti sgrilletto sempre più forte.

 

Incapace di sentire più dove finisce il mio corpo e inizia il tuo.

 

Pretendo il tuo orgasmo, lo voglio. Godi con me mia sola Dea!!!

 

“Vengo…!” è quasi un urlo, il lamento di chi sta per arrendersi a ciò che sa non poter controllare.

 

Succhio la tua lingua, e sento il mio sperma riversarsi in te.

 

“Oddio!” ansimiamo quasi all’unisono.

 

Accasciandoci su quel letto senza staccarci da quell’abbraccio.

 

Quasi impossibile credere che siamo le stesse persone che pochi istanti prima stavano sfogando i loro istinti.

 

Come se in noi vivessero moltitudini di anime, possiamo essere ciò che vogliamo.

 

Ora siamo queste due persone che non riescono a smettere di abbracciarsi e starsi addosso, per il solo piacere di sentire la loro pelle nuda accarezzarsi.

 

“Tu mi vuoi uccidere” scherzo baciandoti la spalla.

 

“Tu vuoi uccidere me” sorridi prendendo il tuo posto comodo fra le mie braccia.

 

Ti guardo. Ora non sei più Messalina… ora sei Aurora, la mia bella (quasi) addormentata.

 

Passerei la notte intera a guardarti dormire, come se farlo potesse proteggerti dai brutti sogni.

 

“Buonanotte Occhioni” dico baciandoti delicato l’angolo della bocca.

 

“ ‘Notte…” giri appena il viso per cercare le mie labbra mezza assonnata.

 

“Se fai un incubo, svegliami che lo mandiamo via”

 

“Con te qui, solo sogni meravigliosi…” dici ad occhi chiusi, usando il mio braccio come cuscino e stringendomi la mano posata sulla tua pancia.

 

Ed eccolo lì, ce l’ho fra le braccia il lieto fine di giornata migliore che possa esserci: 

Tu!

 

“Sara….” ti sussurro piano all’orecchio 

 

“Sam…” dici ad occhi chiusi 

 

“Ti amo”

 

Apri gli occhi sorpresa da quelle due parole che, per mia ammissione, sai che ho sempre pronunciato con cura.

 

Mi baci.

 

“Ti amo anche io” rispondi, tornando ad circondarti dalle mie braccia, posandoti una mia mano sul tuo seno.

 

3:33 am.

 

Sorrido, pensando che ti stai perdendo uno dei numeri che potrebbero entusiasmarti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *