CATFISH – maladaptive daydreaming

... “La terza cosa è che fra tutte quelle foto che hai controllato ed a cui non hai trovato menzogne , quelle che hai chiamato “frammenti di verità” ne manca una …forse due ( ora non ricordo quelle che hai menzionato ) . Ricordi quando proprio su ER con altri decidemmo di metterci la faccia in risposta a non ricordo quale discussione…ecco quella foto era mia… forse non la ricordi , forse non ti ha colpito , forse non ti piaceva…forse..forse.. forse.. non so …quello che so è che quella è Samuele.

Quando la caricai temevo che trovassi qualcosa di diverso…forse un pò ci speravo in realtà… perchè , anche se non ci crederai , mi pesava tanto continuare a mentirti .”

E niente… anche questa l’abbiamo ricollocata.

Si tratta di LUI.

E la cosa che mi fa più sorridere è che la via me l’ha indicata lui stesso, utilizzando per il suo avatar altre foto dello stesso personaggio.

Sì, scrive ancora… ha cancellato i “frammenti di vetro” e ha iniziato (e concluso) un “diario di Samuele” con dentro tutti i fatti salienti della sua storia… il padre assente, i nonni e l’amore per Chiara… fino alla figlia Vittoria. Per me è stato come rileggere un giallo con la consapevolezza di conoscere già l’identità dell’assassino.

Recentemente ho ascoltato un podcast in cui si parlava di un disturbo chiamato maladaptive daydreaming, noto anche come disturbo da fantasia compulsiva, che si tratti di questo?

Un sogno ad occhi aperti può davvero raggiungere un tale livello di profondità e dettaglio? Quando immaginiamo qualcosa nella nostra mente, spesso ci troviamo immersi in un mondo che sembra quasi reale, composto da colori vividi, suoni distinti e sensazioni quasi tangibili. La nostra mente è in grado di creare scenari complessi e ricchi di sfumature, dove ogni elemento sembra essere al suo posto, come in un quadro perfettamente dipinto.

Questo tipo di immaginazione può portarci così lontano da farci quasi perdere la percezione del confine tra fantasia e realtà. Ogni dettaglio, ogni particolare, può sembrare così curato e definito da trasportarci completamente in un’altra dimensione, fatta di desideri mescolati a ricordi.

Non lo so, non credo che lo scoprirò mai. Ma alla fine non è di questo che dovrei ragionare.

Il punto essenziale della questione resta sempre lo stesso: perchè non lo lascio andare? Dopo aver chiarito per l’ennesima volta che nulla di quello che è arrivato da lui corrisponde a verità, cosa mi lega ancora a questo (o questa? mica posso saperlo) personaggio così incredibilmente malato da coinvolgermi in questo complicato garbuglio? Cosè che mi impedisce di chiudere definitivamente questa porta?

Almeno una cosa l’ho imparata… a disinnescare i “perchè lo fa?”… ho imparato che discutere con certe persone è come giocare a scacchi con un piccione. Puoi essere anche il campione del mondo ma il piccione farà cadere tutti i pezzi, cagherà sulla scacchiera e poi se ne andrà camminando impettito come se avesse vinto lui.

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio:

Sono perfettamente consapevole del fatto che continuare a seguire le vicende di Samuele (dietro qualunque avatar o nickname si nasconda) può solo alimentare ulteriormente la frustrazione e il senso di incompiutezza che mi porto appresso da tempo, e non porterà di sicuro a una conclusione positiva (qualunque essa sia) di questa deplorevole vicenda.

Ma, come Alice nel Paese delle Meraviglie, sono bravissima a darmi ottimi consigli che poi non seguirò… perciò, eccomi di nuovo qui.

Sam continua a scrivere, moltiplica gli account e addirittura si commenta da solo creando nella mia mente il famoso meme dell’uomo ragno:

Ma il passo falso non tarda ad arrivare… ha individuato la sua nuova preda e lanciato l’amo… ha creato un nuovo blog e ci ha infilato dentro due dei nostri racconti.

Notturno” ispirato a un sogno che gli avevo raccontato e “Sulla pelle“, una delle nostre “fantasie domestiche”…

Racconti che per me non sono solo “racconti”. Sono ricordi, pezzi di me, di noi, di cio che eravamo e che non saremo mai…

Fa male, ancora.

Fa male, e non importa quanto tempo sia passato. Le ferite sembrano rimarginarsi, ma sotto la superficie qualcosa brucia ancora, come brace che non si spegne. È un dolore che si porta dentro, che a volte si accetta, altre volte si combatte, ma che resta sempre, un compagno silenzioso e invisibile.

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